Alupka 2013

Mi piace pensare che tre settimane volate ci abbiano colto alla sprovvista proprio nel fotofinish, tutti imbalsamati e imbarazzati al traguardo, ma sono sicuro che nel tragitto verso l’aeroporto, con le cuffie nelle orecchie e l’occhio fuori dal finestrino ognuno di noi abbia pensato sotto voce ad una parola degna di riassumere questo campo.

Ore 01:45. Il bungalow dove prima dormivo insieme a Philipp e Malte ora è vuoto. I miei compagni di campo stanno partendo. Sono rimaste solo quattro ragazze che se ne andranno domani dopo pranzo. Io sarò l’ultimo a lasciare Alupka.
Il bungalow dove prima dormivo insieme a Philipp e Malte ora è vuoto e io mi ci trovo esattamente nel mezzo, sto guardando i letti.

Tre settimane fa mi ero ripromesso di scrivere quasi quotidianamente, di tenere un mini-diario dove riportare le piccole cose belle, anche di descrivere le scoregge della giornata, se ne fosse valsa la pena. Ovviamente, da buon membro onorario del club “In questi anni abbiam detto così tante cose, ne abbiam fatte così poche” non ho tenuto un bel niente. Ed ora è arrivato il momento più sbagliato per mettersi a scrivere, non hai nulla di diluito e sintetizzare il polpettone di cose che vorresti dire è come iniziare i compiti delle vacanze di quarta elementare il primo giorno di settembre: viene male tutto.

Il bungalow dove prima dormivo insieme a Philipp e Malte ora è vuoto, e sporco e gli scarafaggi stanno rivendicando il loro spazio. Ma stare in piedi a fissare il vuoto mi fa ricordare un discorso che qualcuno di noi fece un paio di sere fa’ fuori in cortile, carte e birra alla mano. Diceva più o meno “…it is so strange how developed a relation of a few guys becomes after only three weeks; I mean, we are just talking about nothing, like a normal daily routine, kidding and laughing. It seems like we have known each other for years.”

E questa cosa qui mi ritorna in mente ora, ora che sono in piedi dentro ad un bungalow 4×4. E la malinconia sale. Non saprei come spiegarlo, è una cosa strana questa, un po’ come avere il pane quando non si hanno i denti. Ci sono stati piccoli sintomi di home-sick durante il campo, a volte volevo tornare a casa, ma adesso che gli altri se ne sono andati avrei come la voglia di rifare tutto quanto di nuovo. Davvero, è banale da scrivere, ma a viverlo è diverso. Sempre nuovo e sempre molto brutto.

Si veniva da qualche angolo dell’europa, da Venezia, da Torino, da Hannover, da Amburgo. Si andava in una cittadina costiera della Crimea, Alupka, una piccola Jesolo dei russi, con l’orologio bloccato da quarant’anni (mal portati) e un po’ di ruggine in più.

Problemi di comunicazione presenti, sorrisi forzati dei primi giorni di convivenza anche, non mancano all’appello nemmeno le presine per il culo nella propria lingua “tanto-non-capiscono”. Son sciocchezze queste, dai, me ne accorgo solo ora, in piedi al centro del bungalow dove prima dormivo insieme a Philipp e Malte.

Ed è il mio stomaco a dirmelo, che anche lui vuole un po’ tornare indietro; spleen o qualcosa del genere credo. La cosa strana è che non si faceva nulla di particolare. Sveglia, lavoro, pranzo, lavoro, chilling, dormire, sveglia, lavoro, …Una quotidianità che in altri casi avrebbe potuto ammazzare, a 2000 km da casa si è rivelata mitica, mistica, e ha fatto riflettere… anche il più rigido dei crucchi.

E l’addio si riconferma anche in questo caso il momento più difficile e mal riuscito di questa grande cosa (e dell’evoluzione umana tutta). Siamo andati sulla luna qualche anno fa, ma ancora facciamo fatica ad esprimere gratitudine verso l’altro da noi e ci teniamo in tasca un regalino che non riusciamo a consegnare.

Mi piace pensare che tre settimane volate ci abbiano colto alla sprovvista proprio nel fotofinish, tutti imbalsamati e imbarazzati al traguardo, ma sono sicuro che nel tragitto verso l’aeroporto, con le cuffie nelle orecchie e l’occhio fuori dal finestrino ognuno di noi abbia pensato sotto voce ad una parola degna di riassumere questo campo.

Ore 02:38. Il bungalow dove prima dormivo insieme a Philipp e Malte ora è vuoto e io mi ci trovo esattamente nel mezzo e a quella parola ci sto ancora pensando.

Racconto 4° classificato Concorso Letterario 2013
Elia Baggio, volontario IBO Campo di Lavoro e Solidarietà Alupka (Ucraina)