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Bisogna vivere intensamente

Pubblicato il 11 marzo 2016 da Giacomo Locci

Sono passati cinque mesi da quando sono arrivata al Puericultorio “Java” di Ayacucho, Perù. Mesi pieni, decisamente pieni. Ricchi di talmente tante cose che ho fatto fatica a decidere di cosa parlare in quest’occasione.

Potrei parlare del Perù e dei suoi problemi. Ad esempio del sistema sanitario a dir poco inefficiente, o del sistema educativo delle scuole, un sistema che non sviluppa conoscenze e che non stimola per nulla la creatività, il problem solving, la curiosità. Senza parlare della povertà, che vedo assolutamente collegata con quello che è stato il colonialismo e con quello che è adesso lo sfruttamento delle abbondanti risorse naturali di questo paese; multinazionali che depredano e portano a cosa loro tutta la ricchezza che potrebbe fare del Perù un paese finalmente libero.

Potrei raccontarvi anche delle meraviglie del Perù, di ciò che rende questo paese meta di turismo. Della sua ricchezza naturale, storica, culturale. Così come del popolo peruano, con così tanti problemi sulle spalle, ma comunque dignitoso e sempre cordiale. E come non parlarvi del Puericultorio, di questo istituto nato negli anni ottanta per accogliere gli orfani della violenza politica di quel periodo, di quel movimento chiamato “Sendero Luminoso” che ha creato in questa regione profonde ferite che la Giustizia non ha ancora rimarginato. Oggi accoglie bambini ed adolescenti con storie familiari diverse: c’è chi ha perso uno od entrambi i genitori, chi ha la famiglia in stato di estrema povertà, chi ha il papà in carcere, chi ha la mamma con problemi di salute mentale, chi ha subito violenze fisiche o sessuali, chi è stato abbandonato da genitori troppo giovani.

Ed invece mi viene naturale oggi scrivere di un pensiero scaturito dalle parole di Madre Miriam, l’hermana che fino ad alcuni giorni fa era direttrice del Puericultorio e della quale non pensavo di poter provare tanta stima. Quando ci siamo salutate al Terminal degli autobus mi ha detto una cosa così semplice da poter sembrare banale, ma che detto da una religiosa mi ha fatto riflettere: “ Bisogna vivere intensamente, ogni giorno come fosse l’ultimo”. Proprio nello stesso giorno, un ragazzo mi ha detto la stessa cosa, ma con scopi non altrettanto “nobili”. E ho capito quanto la formula tanto di moda del “Carpe diem”, tradotta volgarmente in “Buttati in qualsiasi cosa ti venga proposta” non ha nulla a che fare con il vero significato del concetto del vivere intensamente.

Vivere intensamente significa donare il proprio amore, creare legami PROFONDI con le persone, lasciarsi sopraffare dalla bellezza, riconoscerla nei sorrisi dei bambini, sforzarsi di fare sempre meglio ogni giorno, cercare di rendere la tua vita migliore e donare il meglio di te agli altri, scoprire te stesso, capire il punto di vista altrui, non annoiarti e darti sempre nuovi obiettivi.

Niente a che vedere con la visione, al contrario decisamente SUPERFICIALE, di quello che mi stava proponendo quel ragazzo. Ho la sensazione che la parola intensità, si stia confondendo oggi con la parola rapidità.

Invece viva la lentezza, i rapporti fatti maturare lentamente, la fiducia conquistata con i fatti e con l’affetto.

Da questi cinque mesi ho imparato questo. Che per far sbocciare una rosa ci vuole tempo e dedizione. Che i bambini, anche i più piccoli, hanno un mondo immenso dentro di loro che non si può pretendere di conoscere in pochi giorni; tantomeno si può pensare di avere il dono di lenire le loro ferite.

E così inizi ad essere felice dei piccoli passi che ogni giorno si percorrono insieme: ad esempio di Elsa che riprende a scrivere e ti cerca per aiutarla a buttar giù una lettera, di Rosmery che dopo i primi mesi di “muso duro” ti sorride e ti cerca, di Thalia che corre gridando il tuo nome, di Jean Carlos che non ha più paura delle carezze, di Yasuri che è tornata dalla sua famiglia e ora sembra già adolescente, di Gabriele che ha iniziato a gattonare nella direzione giusta!

WP_20160107_041Più conosco i bambini del Pueri, più mi accorgo di quanto sono incredibilmente forti nelle loro disavventure, di quanto ci si può adattare alle nuove situazioni, di come si può cambiare di fronte ai propri errori e a quelli degli altri.“Niente è perenne come il cambiamento” e i bambini, seppur piccoli, lo sanno bene.

Irene Cappellotto, volontaria IBO in Servizio Civile in Perù

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