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Cento passi per non dimenticare

Quest’estate ho avuto l’opportunità di partecipare, in qualità di Camp Leader, ad un campo di lavoro a cui hanno preso parte giovani adolescenti provenienti da Italia, Spagna, Francia, Turchia e Russia.

Il campo si è svolto a Cinisi, una piccola città in provincia di Palermo, divenuta nota nella storia contemporanea d’Italia e della lotta alla mafia grazie all’azione politica di Peppino Impastato.

Insieme ai ragazzi, il 4 luglio, abbiamo percorso i cento passi e visitato la Casa Memoria di Peppino Impastato, dove siamo stati calorosamente accolti dal fratello Giovanni Impastato. Quell’incontro in quel luogo è stato particolarmente commovente per me. Le ragioni del batticuore sono principalmente quattro.

La prima: il potere della storia della vita di Peppino – la sua capacità di combinare l’ideologia comunista con la lotta antimafia, l’approccio sistemico della sua militanza politica, la rottura radicale dei rapporti con la sua famiglia nel rispetto del suo idealismo e della sua integrità, la visione di un mondo e di un sistema di valori in completa opposizione con quello dominante in cui era cresciuto, il coraggio e la dedizione hanno animato il suo attivismo politico sin da quando aveva quindici anni.

La seconda: la scheda elettorale delle elezioni amministrative di Cinisi del 1978. Il nome di Peppino era ancora lì, anche se era già stato ucciso. La cosa che ha colpito di più la mia attenzione è stata la parola scritta accanto al suo nome: “disoccupato”. Com’è possibile che una persona che ha ispirato centinaia di giovani, così impegnato nella politica e nel miglioramento della qualità della vita della propria comunità – potesse essere disoccupato? Era tutto, tranne che una persona inoccupata! Solo un sistema che discrimina il pensiero critico può rendere una situazione del genere possibile.

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La terza: la forza della sua famiglia (di suo fratello Giovanni, che abbiamo avuto l’onore di incontrare e di sua madre Felicia, scomparsa nel 2004) e dei suoi amici che non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia per la morte di Peppino, facendo sì che il centro rimanesse sempre attivo, accogliendo tutti i giorni giovani provenienti da tutto il mondo e offrendo programmi educativi di alta qualità su tematiche politiche e di antimafiose. In occasione del primo anniversario della morte di Peppino, il 9 maggio 1979, la Casa Memoria ha organizzato, insieme al Partito Democrazia Proletaria con cui Peppino si era candidato, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, in occasione della quale accorsero da tutto il Paese più di 2000 persone. Fu proprio grazie alla documentazione raccolta, alle proteste e all’impegno culturale della Casa Memoria e della famiglia di Peppino che l’inchiesta sulla morte di Peppino fu riaperta.

La quarta: la madre Felicia e il fratello Giovanni hanno dovuto attendere circa 25 anni affinché venisse riconosciuta la verità sulla morte di Peppino, dedicando nel frattempo buona parte della loro vita alla memoria di Peppino. Sfortunatamente, questa situazione sembra familiare. Infatti, ritrovare sul balcone della Casa memoria il manifesto che chiede verità per Giulio Regeni è stato particolarmente toccante. Peppino e Giulio hanno molto in comune, e il dolore delle loro famiglie mi sembra così simile. Giulio fu rapito, torturato e ucciso, così come Peppino.

I ragazzi sono rimasti molto affascinati dalla visita, che si è inserita all’interno di un campo in cui l’educazione alla legalità e al rispetto della nostra casa comune si è fatta trasversale e concreta attraverso la presa in cura di un bene confiscato alla mafia, del territorio e dell’ambiente marino.

Il tutto non è solo la somma delle parti, ma qualcosa di più: piccoli gesti creano un grande impatto, nella vita personale come sul mondo. I ragazzi hanno sperimentato questo – e questo, sono certa, continueranno a praticare.

Gabriella Sesti Ossèo, Camp Leader IBO a Cinisi