
04 Apr Indian Women: STAND UP!
L’otto marzo è riconosciuto a livello mondiale come la giornata dedicata alla festa della donna ed anche in India è diventata una ricorrenza di un certo spessore: fino alla fine del mese tutti gli enti attivi nel sociale organizzano eventi di sensibilizzazione sia nelle grandi metropoli urbane che nei piccoli villaggi rurali. In questi ultimi casi tutto ruota attorno ai Sanga, ovvero delle riunioni periodiche di donne che, con l’aiuto di alcune assistenti sociali, dovrebbero riuscire a individuare i bisogni personali e i problemi locali cercando poi di trovare assieme delle possibili soluzioni.
Tutte le iniziative di marzo a favore delle donne prevedono quindi anche la mobilitazione delle partecipanti ai vari Sanga che infatti, per l’occasione, sfoggiano dei sari con colori e motivi uguali secondo il proprio gruppo di appartenenza. La struttura consolidata di questi eventi è sempre la stessa e riflette il gusto tipicamente indiano per addobbi colorati, musica e danze. Dopo una marcia in ordinate file brandendo cartelli rispolverati dagli anni precedenti e a cui, con una toppa, è stata apposta la data corretta, si raggiunge il punto di incontro e lì ci si dispone tutti seduti a terra. Le varie autorità prendono così posto sul palco, accendono il candelabro votivo che da inizio alla celebrazione e, infine, a turno prendono parola. Il tutto dura un paio d’ore ed è intervallato da canti e balli. Alla fine si consuma in compagnia un pranzo che viene offerto dagli enti organizzatori e si torna a casa a piedi o in pulmini (detti tempu) riempiti ben oltre la loro capacità di carico.
Dubbi e domande
Dopo una giornata ricca di colori e suoni come questa sorgono però diverse domande e affiorano molti dubbi sul significato che viene loro attribuito da parte delle stesse donne coinvolte. Le attività proposte dalle assistenti sociali durante i meeting periodici e i discorsi della autorità negli eventi pubblici saranno serviti a smuovere le loro coscienze e a renderle più consapevoli delle proprie potenzialità e diritti oppure il tempo trascorso assieme è stato una semplice occasione di incontro per parlare della ricetta perfetta della chutney di cocco e per ottenere un pasto gratuito?
L’essere parte di questo progetto di Servizio Civile in Karnataka ti concede senza ombra di dubbio una preziosa opportunità: vivere in modo totalizzante la realtà locale e osservare ciò che le persone fanno quotidianamente nella loro semplicità e genuinità, senza comportarsi in modo diverso perché in presenza di un param (straniero in lingua kannada).
Proprio grazie a questa esperienza si ha modo quindi di conoscere, studiare e cercare di capire l’altro con rispetto e apertura mentale, vista la distanza culturale, religiosa e di tradizioni che ci separa, ma anche con occhio critico.
La mentalità delle donne indiane è molto distante dalla nostra, ma se si ha l’occasione di passare del tempo in loro compagnia appare lampante una certezza: nessuna ha una vera consapevolezza di sé, questo perché ogniqualvolta una di loro pensa a se stessa si immagina solo come una moglie e una madre. La società indiana, come è noto, è fortemente maschilista e certe tradizioni quali la dote o la scelta dello sposo vincolata dalla famiglia non facilitano l’indipendenza femminile. Ma la vita orientata verso un unico fine, il matrimonio, non è un tratto che accomuna le sole donne povere, quasi analfabete e contadine.
Anche ragazze istruite, appartenenti a famiglie benestanti o supportate negli studi da sostegni a distanza esteri, alla fine scelgono quasi sempre la via più semplice e comoda.
Proprio queste ultime infatti potrebbero avere davanti un futuro diverso, con un lavoro capace di garantire loro non solo indipendenza economica ma anche la possibilità di uscire dalla ristretta realtà del villaggio, lavorando in un ufficio, una scuola o un ospedale. Questa pigra accettazione del matrimonio e della vita da casalinga è tristemente evidente proprio quando si chiacchiera con ragazze che stanno per affrontare gli esami di maturità e che devono prendere decisioni importanti sul loro futuro. “Cosa farò dopo? Niente didi (sorella in hindi) dopo mi sposo” oppure “Lavorerò un po’, dopo mi sposo e poi sto a casa” sono risposte frequenti che fanno riflettere molto.
Discriminazioni e tradizioni
La vita nell’India rurale è ancora pesantemente dettata dal binomio matrimonio/figli, tanto che una delle forme di maggiore discriminazione messa in atto dalle stesse donne si ha nei confronti di quelle che hanno avuto la sfortuna di perdere o di essere state abbandonate dal marito. Il disonore di non vivere più a fianco del proprio uomo fa persino considerare migliore l’opzione di averne uno vivo in casa, anche se abusa di alcoolici o alza le mani. L’occhio di ogni donna infatti cade irrimediabilmente sempre sul piede di colei le passa accanto: se le dita sono adorne di anelli questo significa che è sposata e quindi che le si deve un certo rispetto, altrimenti no.
La consapevolezza delle proprie potenzialità risulta invece oscurata dall’ossessione maniacale per l’aspetto esteriore.
Visitando l’India è difficile infatti non rimanere meravigliati dalla cura nelle acconciature, dalla scelta dei colori delle vesti e dai numerosi gioielli indossati, tanto che anche le donne più povere mentre vanno al mercato appaiono eleganti e curate fin nei minimi particolari. Una delle attività a cui nessuna donna rinuncia è infatti lo stare seduta sull’uscio di casa ad osservare attentamente chi passa per strada, facendo le dovute critiche o lodi con le proprie vicine: sfuggire a queste valutazioni è impossibile, anche perché non rimangono segrete ma vengono condivise con tutti i presenti. In questi casi è evidente che ciò che in loro lascia maggiormente un segno sono proprio la lunghezza dei capelli, la forma degli orecchini, il colore del sari e l’abbinamento di colori con i braccialetti, mentre i valori più intimi e le capacità personali hanno solo un piccolo peso.
Cambiare si può
Sicuramente è vero che la vita di queste donne è priva di grandi stimoli e che il sistema educativo governativo è così inefficace da insegnare a malapena a leggere e a scrivere, tuttavia anche nei luoghi più remoti sono ormai presenti dei Sanga in cui vengono proposte diverse attività capaci di diffondere nuove idee, valori e conoscenze. Le possibilità di cambiamento quindi ci sono e sono rivolte specialmente alle ragazze giovani, serve però avere voglia di mettersi in gioco ed essere consapevoli di dover anche faticare per ottenere certi risultati. E’ davvero disarmante vedere che chi ha davanti a sé occasioni capaci di cambiare il proprio futuro alla fine le spreca per futili motivi o per mancanza di voglia.
Cosa succederebbe se le stesse donne invece di adagiarsi sulla soluzione più facile, “sul farsi sposare e stare a casa”, provassero a volere qualcosa di più, come completare gli studi e trovare un proprio lavoro? Se andassero un po’ oltre l’apparenza, i bei vestiti e gli ornamenti, dando più valore alle proprie capacità o apprezzando maggiormente quelle altrui? Se loro, per prime, smettessero di perpetuare certi comportamenti che involontariamente calpestano la loro dignità e i loro diritti?
La lotta per tutto ciò che l’8 marzo racchiude qui non è ancora iniziata e c’è davvero ancora molto da fare e da impegnarsi. Ma le donne devono anche volere tutto questo e scuotersi dal torpore della pigrizia e della comodità. Solo così sarà possibile dare il via al cambiamento e allora nessuno sarà più in grado di fermarle.
Elisa Venturini, volontaria IBO in Servizio Civle in India