
26 Mar La mia Pasqua? Partire volontaria in un centro per richiedenti asilo in Belgio
Ore 9. Mi alzo, vado in cucina a preparare il consueto the per la colazione, con la tazza fumante e un profumo di menta che mi circonda mi metto comoda sul divano e accendo la tv pensando che “tanto non fanno mai niente come al solito”.
Bruxelles. Aeroporto.Metropolitana. Feriti. Morti. Ma che diamine succede?! No, non può essere accaduto di nuovo.
Ancora, ce l’hanno fatta. Ci hanno stesi. Ma sta volta non è uno Stato ad essere messo in ginocchio, sono 28. Io, che nonostante i sei mesi di Turchia alle spalle dovrei essere vaccinata ora sono in ansia, terrorizzata. Tra quattro giorni sarò li…
Ho scelto un percorso a mio avviso non facile, specifico e assai competitivo. Non riesco bene a mettere a fuoco le motivazioni profonde che mi hanno portato a tale scelta. La passione per i viaggi, per il diverso, l’avventura. Ma anche la voglia di avere un ruolo attivo nel mondo, rischiare e vivere intensamente.
Partire e andare per uno o due mesi nel sud del mondo..facile se non avessi l’università e disponessi di risorse economiche mie. Ma due sole settimane, why not?! Al tempo dell’iscrizione al campo ero appena rientrata dall’Erasmus e ancora non avevo disfatto la valigia che già potevo aggiungere un altra carta d’imbarco alla mia bacheca di sughero. Destinazione Rixensart, alle porte di Bruxelles. Un centro di accoglienza per richiedenti asilo politico. Probabilmente sarà banale e scontato agli occhi di chi legge e non mi conosce, ma per me manco a dirlo non lo è.
Un’altro pezzo di vita da aggiungere al curriculum, un’altra porta che si apre, un’opportunità da cogliere al volo, poter esprimermi nuovamente in lingue diverse. Sono determinata, come sempre d’altronde, anche dopo l’accaduto di Bruxelles: ho vissuto a Istanbul, so cosa sono gli attentati ma ora è diverso.. sono pervasa di ansia, preccupazioni e uno stato d’animo negativo. Inutile nasconderlo ragazzi, nonostante continui a negarlo davanti a tutte le persone che in questi giorni mi chiedono se sono davvero sicura di voler partire.
Se io rinunciassi a partire adesso mi metterei dalla parte di quella categoria di persone che se ne stanno comodi sul divano perchè hanno paura di salpare e non sanno cosa ne sarà di loro quando si troveranno al largo. Ma come si può vivere così?
Uscire dalle proprie abitudini, scoprirsi e scoprire, diventare consapevoli della sostanza di cui si è fatti, dei limiti e delle capacità che ognuno possiede. Rischiare. Proprio come quando all’università ci si presenta all’esame consapevoli di non essere sufficientemente preparati. Vada come deve.
É da sempre un problema per me decriptare le mie emozioni, schiarirle, cercare di spiegarle a parole non necessariamente agli altri ma a me stessa e questa volta lo è ancora di più. Un unicum, sfuocato, annebbiato. L’unico pensiero fisso è “io parto”. Non ho mai vacillato su questo e intanto sorrido dentro di me ripensandoci. Testarda e determinata come al solito.
“Forse la coscienza, il senso della vita
sta in mezzo a mille notti o forse più
non servirà a tradire semplicemente amare
qualsiasi cosa che ti dà di più”
Silvia Lazzarini, volontaria IBO in partenza per il Campo di Lavoro e Solidarietà a Rixensart (Belgio)