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Nostalgia canaglia

Aeroporto di Istanbul, 17 e 22, la prima delle quattro ore che mi vedranno in attesa del volo che mi riporterà a Mumbai.

Ripenso ai dieci giorni appena trascorsi in Italia, i primi dopo i sei mesi che mi hanno vista impegnata nel mio Servizio Civile. Una lacrima si affaccia timida sull’orlo dell’occhio. È indecisa. Dietro di me i nonni, i genitori, il fidanzato e gli amici minacciano di farla scorrere sulla guancia con la forza delle risate, dell’affetto e dell’amore del quale mi hanno sommersa durante i giorni passati con loro. E infine quella lacrima scorre, e altre la seguono, perché Casa mi manca, perché Casa è sicura, perché Casa mi conosce.

Continuano a scorrere fino a quando…

Mumbai.

La cappa di umidità mi avvolge materna, e pensare che in quei dieci giorni avevo anche imparato a non sudare.

Il tuc-tuc driver si avventura nella grigia alba del monsone e dello smog, il chai inizia a bollire nei chula, le persone iniziano a sorridere, la città si sta svegliando.

Così come le mie compagne di viaggio, che abbraccio quando arrivo dopo quella che mi è sembrata una separazione di anni, perché ormai senza di loro sento che mi manca un pezzetto. E poi…

Catapultata al centro Shalom, dove sto svolgendo il mio Servizio Civile.

“Ma si ricorderanno ancora di me i bambini?” mi chiedo mentre rispondo al saluto sorridente del venditore di pan. “Almeno lui sì”, probabilmente perché gli ho quasi vomitato addosso il suo intruglio di foglie di betel e noce di areca la prima volta che l’ho assaggiato.

“Didi, didiii” sento urlare in prossimità del centro. È Vivek che mi corre incontro, un tredicenne con disabilità col quale ho imparato a comunicare nonostante nessuno dei due abbia la minima idea di ciò che dice l’altro. Entro allo Shalom a braccetto con lui. “Teacher, teacherrr” mi corrono incontro i bambini abbracciandomi le gambe e affibbiandomi quell’appellativo improprio, che se ci sono dei veri teacher qua, quelli sono loro“You came back, we missed you” mi dice una maestra stringendomi la mano.

Mi siete mancati anche voi. Gli occhi dei bambini, le incomprensioni con Vivek, i gesti a mo’ di mimo della Corrida che m’invento per comunicare con i ragazzi sordomuti.

La sera mi sdraio e provo a cercare quelle lacrime, che durante le corse della giornata si sono asciugate. Non sono sparite, sono sempre lì, in agguato, ma sempre lì rimarrà anche Casa, pronta a riaccogliermi, quando tornerò. Riaccoglierà una Valentina un po’ diversa, più matura, più disincantata, più entusiasta, più piena.

Ma ormai anche questa è un po’ Casa.
E in questa Casa passeggera sono Didi, sono Teacher.
Sono un’improvvisatrice che cerca di destreggiarsi in questa marea di vita che ogni giorno la investe.

Valentina Gemesio, volontaria IBO in Servizio Civile in India (Mumbai/CORP)