Ucraina: un anno di guerra e la nostra missione

365 giorni di guerra

Lo stato dei rifugiati ucraini a un anno dall’invasione russa

 

Domani, 24 febbraio, ricorre l’anniversario dall’invasione russa dell’Ucraina. Una delle conseguenze più terribili del conflitto è l’esodo dei cittadini ucraini e conseguente crisi umanitaria.

Secondo il monitoraggio dati di UNHCR in 365 giorni più di 8 milioni di persone sono fuggite lasciando famiglia, casa, lavoro e una terra dilaniata dalle bombe. Di questi, più di 4.8 milioni hanno chiesto una qualche forma di assistenza ai paesi UE di destinazione che si sono mobilitati nel tempo nel predisporre azioni di sostegno e accoglienza per un impegno economico complessivo di 67 miliardi di euro

In Italia, secondo le stime sarebbero quasi 170.000, soprattutto donne e bambini, ad aver richiesto protezione temporanea predisposta dal governo nel febbraio 2022. Sul tavolo di ieri anche un nuovo decreto per il rinnovo delle misure di accoglienza diffusa e il potenziamento delle strutture amministrative per uno stanziamento totale di 369 milioni oltre ai 754 già spesi. Previsto anche il rinnovo di altri 6 mesi dei permessi di soggiorno per la protezione temporanea concessi fino al 4 marzo 2023. 

Insomma, nonostante il rinnovo della solidarietà europea e americana (dopo la visita a sorpresa a Kiev del Presidente Biden e della Presidente del Consiglio Meloni), la situazione in Ucraina sembra ancora lontana dal risolversi mentre le famiglie divise vivono sospese tra il desiderio di tornare a casa e la necessità di integrarsi in nuove realtà.

Il nostro progetto in Ucraina

 

Dino Montanari, direttore di IBO Italia e Federica Gruppioni, progettista, sono andati in visita in Ucraina, per monitorare lo stato del progetto “Razom z Ukrainoiu – Iniziativa di emergenza per sostenere la popolazione ucraina nelle regioni di IvanoFrankivska, Chernivetska e Odessa” – Codice UKR/AID012600/16, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Realizzato da IBO Italia in Associazione temporanea di scopo con FOCSIV, ARCS, Condivisione tra i Popoli, Missione Calcutta Onlus, Arcidiocesi di Ivano-Frankivsk, Dobri Liudi Bukovinu, Caritas-Spes-Odessa.

Il loro racconto:

 

“Siamo stati pochi giorni, quanto basta per incontrare i partner di progetto e gli amici che là vivono quotidianamente, sia espatriati italiani che ucraini con cui collaboriamo.

Sono stati giorni intensi che ci hanno permesso di vedere e toccare con mano l’importanza di questo progetto. Abbiamo conosciuto le persone che ci lavorano, da chi prepara i pacchi di viveri, coperte e medicine a chi si occupa di seguire le persone per un loro recupero psicologico, da chi porta il materiale nei villaggi dove risiedono gli sfollati delle zone di guerra a chi segue il progetto in ufficio.

La situazione nella zona in cui siamo stati, lontana centinaia di chilometri dalla zona est del fronte, era tutto sommato tranquilla. Tranquilla ma in un clima di anormalità. Poster giganti per le strade con le foto di chi è morto in guerra, sirene che avvisano le persone di raggiungere i rifugi – ormai per abitudine ignorate -, militari per le strade, posti di blocco, generatori di corrente costantemente accesi per garantire l’energia elettrica. Le persone si sono ormai abituate a tutto questo e vivono la loro vita andando al lavoro e a scuola, passeggiando, uscendo la sera fino all’ora del coprifuoco.

Diversa è la situazione degli sfollati. Migliaia di persone che hanno perso tutto: la casa, il lavoro e spesso anche dei famigliari.

È per loro che il progetto esiste, per cercare di alleviare le loro sofferenze.

Ed esiste anche per i bambini, gli orfani e le persone fragili (anziani e disabili) che già prima della guerra vivevano una condizione di estrema precarietà.

Il giorno 24 di questo mese si compirà un anno di questa guerra che è tremenda, perché tutte le guerre sono tremende, anche se le persone ucraine ricordano che la guerra è iniziata nel 2014. La data spaventa e fa temere un’intensificazione dei bombardamenti o una nuova offensiva di massa. Parlando con diverse persone abbiamo potuto notare costantemente due cose: la ferma convinzione di non cedere nemmeno un centimetro del proprio territorio alla Russia e la mancanza di prospettive per una conclusione a breve della guerra.”