Una voglia di tornare indietro che mi spinge ad andare avanti

Alla fine dell’estate 2019 mi sono trovata a non sapere che fare del mio tempo da lì in poi. Avendo notato una pubblicità su Facebook riguardo la possibilità di partecipare ad un progetto europeo in Finlandia, ho pensato che valesse la pena dare un’occhiata.
Non conoscevo in dettaglio il programma ESC (European Solidarity Corps) e leggendo la descrizione della posizione e delle condizioni ho deciso di inviare la candidatura. Ciò che mi attirava era la possibilità di viaggiare in un posto lontano, un villaggio sperduto nella campagna finlandese, nella mia immaginazione abitato solo da renne, senza dover fronteggiare gli oneri finanziari. Non solo viaggiare ma passare un periodo di due mesi lavorando, ottimo metodo per entrare a contatto con la cultura locale e la popolazione.

Persino l’isolamento, che da subito mi era stato prospettato dall’associazione ospitante come concreta possibilità, non mi spaventava. Partivo per imparare, lavorare in campagna, passeggiare in silenzio nei boschi, quasi un ritiro spirituale. All’età di ventinove anni dovrei aver imparato che con le aspettative raramente ci azzecco. E per fortuna.

Nel piccolo villaggio di Korkeaoja ho incontrato alcune fra le persone più gentili e divertenti che abbia mai incontrato. Lavorare insieme a loro, anche quando si trattava di spostare pezzi di legna, era divertente ed istruttivo.
Il collettivo Kukoistus nasce dall’idea di creare spazi in cui arte ed ecologia possano coesistere e le persone incontrarsi, questo significava che i compiti che svolgevo erano piuttosto vari. Ho aiutato con la raccolta della canapa, restaurato finestre, lavorato su miei progetti artistici e tentato di imparare a tagliare il vetro, quest’ultimo con risultati disastrosi. Lavorare in gruppo risultava sempre più piacevole rispetto al lavoro individuale ma la bellezza del posto suppliva la mancanza di compagnia.

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La cultura finlandese è molto diversa da quella italiana ed è difficile che in autunno, nelle campagne, ci siano molte occasioni sociali. Io e gli altri abitanti della casa comune del collettivo però, organizzavamo spesso serate cinema o semplicemente trattenevamo chi passava durante la giornata per una partita a carte dopo il lavoro, spesso organizzando pasti improvvisati da mangiare insieme. Poi tutti nella sauna.

Più il tempo passava più le nuove abitudini diventavano routine e le conoscenze amicizie. Tutto questo non era privo di una certa tristezza. Quando sei parte di qualcosa soffri nel lasciar andare.

Il gruppo iniziale con cui ho iniziato la mia esperienza non è rimasto intatto a lungo, qualcuno è partito, altri passavano dal collettivo saltuariamente. La casa del collettivo ospitava un giovane rifugiato afgano che è stato deportato a Kabul qualche giorno prima della mia partenza. In molti, me compresa, hanno scritto lettere all’ufficio immigrazione finlandese sperando di riuscire a farlo tornare in un posto in cui è utile e voluto.

La campagna finlandese non è adatta a chi non ha spirito di adattabilità e di iniziativa. Ho imparato a considerare attività pratiche che mi intimidivano, non solo possibili ma facili. Una di quelle situazioni in cui chi vuole apprendere troverà qualcuno da tallonare e magari ci farà anche amicizia. Ho affrontato sfide fisiche e psicologiche durante il mio periodo in Finlandia ma ho sempre avuto il supporto e l’aiuto di qualcuno, fosse anche solo una parola di incoraggiamento.

Ne esco più forte e con una voglia di tornare indietro che mi spinge ad andare avanti.

Ho tante nuove persone a cui far visita nel mondo, uno youth pass compilato l’ultima sera durante una cena, la conferma che la birra finlandese è imbevibile ed un nuovo amore: la sauna. Invito chiunque a fare quest’esperienza, ne vale la pena.

Michela Cicconi, volontaria IBO nel progetto ESC (European Solidarity Corps) in Finlandia